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Dieta nel Sovrappeso ed Obesità

La dieta piú sana è quella meglio bilanciata

L’equilibrio, guida essenziale in ogni momento della nostra vita.

La dieta piú sana per dimagrire è una dieta bilanciata, vale a dire una dieta con una composizione di alimenti equilibrata secondo i piú efficaci principi dietetici: glucidi 50–60%, lipidi 25–30%, protidi 15–20%. Il calcolo grossolano delle calorie giornaliere necessarie per mantenere il proprio peso è il seguente: 25–30 calorie per kg di peso effettivo per soggetti che abbiano una normale attività fisica alle quali va aggiunto o tolto un ulteriore 10% per soggetti rispettivamente con attività fisica notevole o sedentaria. Per quanto riguarda l’apporto di grassi, che sono il cibo piú importante da eliminare piú facilmente ma anche piú oculatamente, questo deve essere programmato tenendo conto di alcune particolarità.

Innanzitutto va tenuta in considerazione la distinzione tra colesterolo alimentare e acidi grassi. Il colesterolo alimentare ad esempio non deve superare i 300 mg al giorno, 200 mg se coesiste invece un aumento del colesterolo nel sangue (da ricordare che 100 mg di colesterolo per 1000 calorie di dieta aumentano di 10 mg il colesterolo nel sangue). Per quanto riguarda gli acidi grassi, è importante sapere che essi si dividono in saturi e insaturi e che quest’ultimi sono suddivisi a loro volta in monoinsaturi e polinsaturi.

Gli acidi grassi saturi si possono facilmente distinguere perché sono solidi a temperatura ambiente e perché si trovano prevalentemente nei cibi di origine animale, quali le carni rosse, il latte, il burro e i latticini (da ricordare che sono aterogeni in quanto provocano aterosclerosi e quindi dannosi per l’apparato cardiovascolare e che concorrono all’aumento del colesterolo nella misura di 2 mg ogni 1% di calorie da essi fornite).

Gli acidi grassi insaturi sono invece liquidi a temperatura ambiente e provengono da alimenti di origine vegetale come ad esempio gli oli, anche se fanno eccezione quelli contenuti nel pesce, nelle carni bianche del pollo e del maiale. Gli acidi grassi insaturi si distinguono in monoinsaturi (con azione protettiva cardiovascolare ed antiossidante) e polinsaturi, a loro volta suddivisi ulteriormente in Omega–6 (con azione ipocolesterolizzante, tanto che l’1% di calorie da essi fornite abbassa il colesterolo di 5 mg) ed Omega–3 (con azione protettiva cardiovascolare, ipotensiva ed antinfiammatoria). I grassi monoinsaturi si trovano prevalentemente nell’olio di oliva. I polinsaturi, che comprendono i cosiddetti acidi grassi essenziali, quelli cioè di cui l’organismo ha bisogno ma non è in grado di produrre da solo, si trovano invece negli oli di semi di soia, mais, arachidi ecc. (Omega–6), oppure nei cosiddetti pesci grassi come la trota, lo sgombro, l’aringa ecc. (Omega–3).

Il consumo di caffè non va comunque incoraggiato e, in ogni caso, la bevanda deve essere assunta amara o al massimo dolcificata con saccarina o aspartame. Per quanto riguarda invece il sale, il suo uso deve essere limitato, specie nei pazienti ipertesi, per l’effetto sull’aumento della ritenzione idrica. Esso può essere sostituito da prodotti dietetici poveri di sodio e ricchi di potassio. Le restrizioni drastiche sono tuttavia altrettanto sconsigliabili, visto che l’abolizione del sale aumenta il rischio di ipotensione, un evento frequentemente osservabile nelle fasi iniziali della terapia dietetica.

Per quanto riguarda l’alcol, in linea di massima esso deve essere escluso nella dieta. Se proprio non se ne può fare a meno, se ne possono permettere piccoli quantitativi (per esempio mezzo bicchiere ai due pasti principali), calcolandone il relativo apporto calorico. L’alcol, in modeste quantità, ha, come del resto l’esercizio fisico, un documentato effetto di innalzamento del colesterolo hdl (colesterolo buono) e sembrerebbe svolgere un effetto protettivo dall’infarto. Al contrario, quando viene assunto in eccesso, aumenta l’introito calorico e quindi i grassi, con ricadute negative sul buon funzionamento del fegato, sulla pressione arteriosa e sul cuore.

Se non ci sono seri impedimenti pratici è bene frazionare l’apporto calorico giornaliero in 3 pasti e 2 spuntini (con ad esempio il 20–25% delle calorie totali a colazione, il 10% allo spuntino del mattino, il 30–35% a pranzo, il 10% allo spuntino del pomeriggio ed il 30–35% a cena) in modo da mantenere sotto controllo lo stimolo della fame e ridurre l’assunzione di cibo. Ripartendo infatti gli alimenti in piccole dosi, si riesce a dare all’organismo un flusso accettabile di materiali nutritivi durante tutta la giornata. Questo mantiene la glicemia entro valori fisiologici e riduce la risposta insulinica responsabile della trasformazione degli zuccheri in grassi. Per tale motivo una ripartizione non razionale del cibo nella giornata, ad esempio l’assunzione alimentare in un solo pasto, è assolutamente controproducente ai fini dietetici, in quanto scatena uno stress insulinico, amplifica anche di dieci volte l’effetto della produzione di grassi, attiva altre vie metaboliche, come la via dei pentosi, in grado di fabbricare acido urico, colesterolo e grassi in eccesso.

A questo proposito vale la pena citare un esperimento famoso: quaranta soggetti in sovrappeso sono stati alimentati per circa due mesi con una stessa dieta accuratamente misurata ed identica per quantità, qualità e calorie. Tale dieta è stata somministrata in due pasti giornalieri a un gruppo di venti dei soggetti in esame ed in sette pasti giornalieri ai rimanenti venti. Si è sorprendentemente accertato che le venti persone nutrite con i sette pasti giornalieri riducevano il loro peso statisticamente molto piú in fretta rispetto a coloro che erano stati nutriti con i due pasti. Da ciò si è dedotto che un regime alimentare che prevede salti dei pasti e digiuni prolungati è quanto di piú sbagliato ci possa essere.

Paradossalmente ingrassa di piú chi non mangia abbastanza spesso. Si è visto inoltre che i consumatori di fuoripasto compensano le calorie extra riducendo l’apporto calorico del pasto successivo. Uno snack consumato ad esempio un’ora e mezza prima del pasto consente un buon assorbimento dell’alimento e quindi una riduzione dell’appetito. Se invece l’intervallo di tempo è di mezz’ora soltanto, questo non basta. Si è osservato infine che l’effetto compensatorio del fuoripasto è maggiore prima della cena rispetto al pranzo. In ogni caso gli obiettivi di una dieta in cinque pasti possono essere facilmente raggiunti consumando ad esempio la frutta come spuntino invece che al termine dei pasti principali. Si evita cosí la flatulenza provocata dall’iperfermentazione degli zuccheri indigeriti perché assunti al termine di un pasto troppo abbondante.

Ma non basta, esistono oggi alcune nuove regole per identificare le fascie orarie piú favorevoli all’assunzione dei diversi alimenti, regole che sono state codificate dalla cosidetta cronodieta.

Ad esempio per quanto riguarda i carboidrati che, come sappiamo, se vengono introdotti in eccesso, vengono immagazzinati sotto forma di trigliceridi nel grasso di deposito con un processo promosso dall’insulina, sarà sufficiente, tenendo conto dei limiti imposti alla loro assunzione, consumarli nella prima parte della giornata, quando l’azione dell’insulina è contrastata dagli ormoni corticosteroidei, che, proprio in questa parte della giornata, sono fisiologicamente presenti nelle loro quantità piú elevate. In questo modo il pane, ma anche la pasta, la frutta zuccherina e, in generale, tutti gli altri cibi ad elevato contenuto di carboidrati, andranno assunti fra il risveglio e le prime ore del pomeriggio —in pratica nella prima colazione, nello spuntino di metà mattino e a pranzo— perché è proprio in questa fase della giornata che è minore la loro trasformazione in grassi di deposito.

Per quanto riguarda invece le proteine sarà preferibile consumarle in serata, sfruttando in tal modo, l’effetto favorevole esercitato da questo tipo di pasto sulla liberazione del gh (ormone della crescita), la cui secrezione durante le prime ore del sonno favorisce, non solo la sintesi delle proteine, ma soprattutto la lipolisi dei grassi di deposito con un meccanismo opposto a quello dell’insulina.

Nelle dieta non possono poi mancare le fibre. L’apporto di fibre dovrebbe aggirarsi intorno ai 30 g al giorno —mediamente in Italia se ne consumano 20 g al giorno—. Le fibre riducono la velocità di assorbimento intestinale del colesterolo e degli zuccheri, diminuendo pertanto i picchi di insulina postprandiali —spesso responsabili anche della sonnolenza—. Aumentano inoltre la velocità del transito intestinale, svolgono un effetto protettivo sul colon e controllano la stipsi, un problema che può svilupparsi o aggravarsi in concomitanza con la riduzione dell’introito alimentare. Le fibre abbondano nella frutta (cruda, non frullata e possibilmente non sbucciata), nelle verdure, nei legumi (ceci, fagioli, lenticchie, piselli ecc.) e nei cereali integrali (pane, pasta, riso, farro, sorgo, orzo, soia). Quando l’alimentazione non riesce a fornire un quantitativo sufficiente di fibra alimentare, è possibile ricorrere all’integrazione. In ogni caso, è bene non superare i 40 g al giorno per il rischio di rallentare l’assorbimento, soprattutto di oligoelementi minerali, di vitamine (specie quelle liposolubili come la A, D, E, K e F), o anche di farmaci assunti per altre terapie.

In conclusione possiamo quindi dare i seguenti consigli:

modificare le abitudini alimentari
È indispensabile modificare le proprie abitudini, soprattutto se non si segue un regime dietetico sul tipo di quello descritto. È bene inoltre mangiare solo la quantità di cibo che è realmente necessaria, con regolarità e senza saltare pasti
masticare a lungo i cibi
La masticazione dei cibi è la prima fase della digestione. Masticare in modo accurato aiuta l’organismo nella digestione, sia per l’effetto meccanico di sminuzzamento degli alimenti sia per la loro mescolanza con la saliva, elemento che svolge molte funzioni fondamentali per una corretta digestione, grazie alla capacità solvente, lubrificante e antibatterica legata in particolare alla presenza della ptialina
selezionare le fonti di calorie
Ricordare che anche la fonte delle calorie è importante: studi recenti hanno evidenziato che il 97% delle calorie provenienti da grassi si trasforma in tessuto adiposo, contro il 77% delle calorie provenienti dai carboidrati
attenzione ai grassi
Ricordare comunque che una certa quantità di grassi (oli in particolare) è indispensabile per permettere l’assorbimento delle vitamine liposolubili, per far contrarre la cistifellea ed evitare i calcoli biliari, per rallentare l’assorbimento degli zuccheri ed evitare il picco insulinemico
attività motoria
Praticare attività fisica senza trascurare alcuna occasione per fare del moto, cercare di scoprire e sfruttare tutte le occasioni quotidiane per muoversi, farlo piú intensamente bruciando cosí qualche caloria in piú:
  • Fare le scale anziché l’ascensore
  • Parcheggiare lontano dalla destinazione o meglio, andarci a piedi
  • Stare seduti piuttosto che sdraiati
  • Stare in piedi piuttosto che seduti
  • Andare a prendere anziché mandare a prendere
  • Camminare almeno mezz’ora al giorno, a passo svelto e utilizzando anche le braccia

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