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Azione dei Radicali Liberi

come agiscono nel nostro corpo

Cellula animale, diagramma con la disposizione degli organuli.

Una delle modalità con cui i radicali liberi si formano piú facilmente è quella conseguente alla produzione di energia da parte dei mitocondri, i motori della cellula. In questo caso i radicali liberi possono originarsi nelle reazioni di trasferimento di elettroni che avvengono durante la sintesi di atp, la molecola proteica accumulatrice dell’energia derivata dalla demolizione degli alimenti. Per fortuna la cellula è in grado di controllare la formazione di elettroni spaiati e soprattutto la loro possibile fuga verso altre strutture cellulari, mediante uno specifico sistema di assorbimento, definibile come ciclo di smorzamento, il quale porta alla formazione di acqua.

In altri termini, se l’apparato mitocondriale è integro e funziona regolarmente, questo meccanismo permette il controllo degli elettroni spaiati semplicemente con la formazione di acqua. Poiché però piú energia viene prodotta, piú aumenta il rischio di radicali liberi, una disfunzione mitocondriale può verificarsi anche in seguito ad un eccesso di disponibilità calorica come nel sovrappeso, l’obesità, oppure per le abbuffate ipercaloriche soprattutto dopo lunghi digiuni, oppure ancora per la distribuzione dei pasti giornalieri inferiore ai cinque consigliati. In questi casi si producono vere e proprie tempeste di radicali liberi.

È infatti ormai ben documentato che gli animali nutriti in eccesso hanno un invecchiamento piú precoce, quasi certamente attribuibile ad una condizione di aumentata ossidazione. A sua volta questa condizione di aumentata ossidazione può avere una ripercussione a catena sugli stessi mitocondri che, con il passare del tempo, subiscono danni progressivi proprio da parte dei radicali liberi e diventano quindi sempre meno efficienti, non solo nel contrastare la formazione di elettroni spaiati, ma soprattutto a bloccarne la fuga verso altre importanti strutture cellulari.

L’accumulo progressivo di radicali liberi, sia per aumentata produzione sia per diminuita eliminazione, comporta quindi uno stato di stress ossidativo cronico —molto simile a quello che fa arrugginire un pezzo di ferro lasciato all’aria aperta— con una progressiva riduzione funzionale di tutto l’organismo ed un aumento dell’incidenza di malattie con il progredire dell’età. I radicali liberi aumentano di quantità non solo durante i normali processi metabolici dell’organismo, ma anche durante le infiammazioni, le emorragie, l’esposizione all’inquinamento ambientale, al fumo di sigaretta, alle radiazioni ionizzanti e a quelle ultraviolette, oppure durante l’eccessivo esercizio fisico.

Se in queste situazioni l’organismo non mettesse in atto tutta una serie di misure per neutralizzare la loro presenza, i radicali liberi provocherebbero l’insorgenza di tumori, di gravi malattie al cuore, al cervello ed in generale un precoce invecchiamento fisico e mentale. Nelle arterie, infatti, la presenza dei radicali liberi facilita quella malattia che voi tutti avrete sicuramente sentito nominare, l’aterosclerosi, responsabile sia della perdita d’elasticità delle arterie che della loro occlusione.

Nelle persone anziane invece, l’aumento di radicali liberi porta alla distruzione dei neuroni, le cellule del cervello e quindi a quelle malattie come il morbo di Parkinson e la demenza senile o morbo di Alzheimer. Secondo la teoria della ossidazione da radicali liberi l’invecchiamento e la morte, altro non sarebbero che la conseguenza dello stress ossidativo mediato dai radicali liberi. L’invecchiamento inizierebbe pertanto nel momento stesso della nascita e rappresenterebbe il risultato dei danni cellulari subiti dall’organismo durante tutto l’arco della vita soprattutto ad opera di tali prodotti.

A questo proposito, va detto chiaramente che la sensibilità dell’organismo all’azione dei radicali liberi non è sempre la stessa ma varia in ciascuno di noi in quanto è legata alla costituzione genetica individuale. Questo spiega, tra l’altro, la diversa predisposizione che ognuno di noi ha nei confronti delle malattie e dell’invecchiamento.

Riassumendo, potremmo quindi dire che:

  • Le reazioni nelle quali sono coinvolti i radicali liberi fanno parte del normale metabolismo cellulare
  • I radicali liberi possono accumularsi nell’organismo per aumentata produzione, oppure per diminuita distruzione, oppure ancora per reazioni a catena che si auto innescano
  • Esistono variazioni di sensibilità individuali ai radicali liberi che dipendono dalla costituzione genetica e da influenze ambientali
  • Invecchiando, i danni da radicali liberi si accumulano, contribuendo al declino funzionale ed alla maggiore incidenza di malattie

In ogni caso l’organismo reagisce alla presenza dei radicali liberi mettendo in atto tutta una serie di meccanismi biochimici protettivi i cui costituenti principali sono sostanze chiamate dall’inglese scavenger, letteralmente spazzini. Piú precisamente, se ricordate quanto abbiamo detto a proposito degli elettroni spaiati, gli spazzini dei radicali liberi sono altre molecole —vedremo poi quali— che cedendo un proprio elettrone ad un radicale libero riportano i suoi elettroni ad un numero pari e quindi lo rendono stabile e totalmente innocuo per l’organismo.

Per questo tali sostanze vengono chiamate anche antiossidanti, in quanto l’azione dei radicali liberi sull’organismo, come abbiamo detto in precedenza, è un’azione di ossidazione. Grazie alle sostanze antiossidanti l’organismo può ricavare la sua energia dall’ossigeno evitando, come abbiamo visto, paradossalmente di morire proprio d’ossigeno per colpa dei radicali liberi, ma quali sono i principali antiossidanti?

A questa domanda dovremmo rispondere con un lungo elenco di sostanze alle quali ogni giorno se ne aggiunge qualcuna di nuova. A parte gli enzimi veri e propri utilizzati internamente dalle cellule con questo compito importantissimo e che hanno nomi come sod (superossidodismutasi), catalasi e glutatione perossidasi (gsh) sulle quali non ci soffermeremo, quelle che hanno dimostrato un’azione antiossidante certa e documentata sono ancora poche.

Tra queste il selenio che entra a far parte di alcuni degli enzimi citati, il betacarotene che é il precursore della vitamina A, la stessa vitamina A, la vitamina C e la vitamina E. Mentre l’attività degli enzimi citati si svolge in vari punti della cellula, la vitamina A ed il betacarotene da cui deriva, esplicano la loro azione a livello delle membrane cellulari, rendendole meno attaccabili dai radicali liberi attraverso un legame diretto con gli acidi grassi polinsaturi che le compongono.

Un difetto, come pure un eccesso, determinano quindi una destabilizzazione della membrana cellulare. La vitamina E, che rappresenta l’80% degli antiossidanti cellulari, cedendo invece un proprio elettrone ai radicali liberi si trasforma a sua volta in radicale e richiede pertanto la presenza della vitamina C per riavere l’elettrone mancante e trasformarsi di nuovo in vitamina nativa. La vitamina C tuttavia si sacrifica solo temporaneamente a favore della E, perché un meccanismo biochimico legato sempre alla catena energetica, le consente di riattivarsi e ridiventare vitamina nativa.


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